Terza dose, il contagio corre ma c'è chi ancora lo rifiuta. Ecco le risposte ai 10 dubbi più comuni sul richiamo - Open

2021-12-14 20:40:48 By : Mr. Jeff Si

È normale che due dosi non siano sufficienti? E perché non aspettare che scada il Green Pass? Attualmente solo il 50% della popolazione ha ricevuto il booster anti-Covid. Breve guida contro dubbi e disinformazione

Dopo undici mesi di campagna vaccinale, l'obiettivo principale del governo è ora quello di poter somministrare il maggior numero di terze dosi. Un promemoria che rafforza la protezione contro il Covid-19 e argina la diffusione del virus, spinta dalla stagione invernale e da nuove varianti. La curva dei contagi continua a salire e le due dosi di vaccino non bastano per proteggere dal contagio con la stessa efficacia dei primi mesi. Ma qual è la ragione? E perché prendere un'altra dose senza essere sicuri di quanto durerà la nuova protezione? Mentre governo ed esperti invitano la popolazione ad affrettarsi negli hub per i richiami, c'è chi non è convinto dell'urgenza e preferisce fermarsi a due dosi. Attualmente poco più della metà della popolazione vaccinata di richiamo ha acconsentito al richiamo, il 50,35%. L'altra metà attende di essere convinta o la rifiuta in balia di perplessità ancora poco chiare. Alla luce di questi dati, ecco dieci risposte ai dubbi più frequenti sull'utilità della terza dose.

La medicina non è la scienza delle certezze ma della verifica. Quando i primi vaccini Pfizer e Moderna sono stati autorizzati dagli enti regolatori, gli esperti hanno ipotizzato una durata di efficacia da 6 a 12 mesi. Una probabilità che, come tutto ciò che riguarda la scienza, si sarebbe verificata nel periodo successivo ed è proprio quello che è successo. "Siamo certi della sicurezza, ma per quanto riguarda tempi e dosaggio impariamo poco a poco", spiega il professor Giuseppe Remuzzi. «La scienza non è un libro stampato: cambia in divenire. Sulla terza dose, la comunità scientifica ha detto che potrebbero bastare due dosi, il caso Israele ha rivelato che la protezione cade". Dagli osservatori sul campo di Israele e Regno Unito, e poi ancora dell'Italia, con i test effettuati da all'Istituto Superiore di Sanità, si è notato un forte calo della capacità dei vaccini di prevenire l'infezione.Un calo che non significa assenza di efficacia, ma un calo che dal 90% -80% scende al 59%, e contro malattie gravi dal 95% all'82% Alla luce di questi dati è necessario intervenire con una dose rinforzante, in grado di aumentarne l'efficacia.

Mentre aspetti la scadenza del pass, il virus continua a diffondersi. E lo fa anche nella sua forma più contagiosa, la variante Delta. Per non parlare di Omicron, una nuova possibile minaccia. Il rischio deve essere immediatamente evitato. Soprattutto nel periodo dell'anno meno adatto a non mettersi al riparo: le temperature sempre più fredde facilitano la circolazione del virus proprio come accade con l'influenza. Tra circoli, scuole e uffici aumentano le occasioni di incontri indoor. Aumenta proporzionalmente la possibilità di contrarre l'infezione e ammalarsi. Essere scoperti in questo momento per stare al passo con le scadenze dei certificati non è conveniente.

Vediamo prima cosa è successo nei Paesi dove la terza dose è già stata somministrata a milioni di persone. Il Ministero della Salute israeliano ha dato conto degli effetti collaterali più comuni dopo la terza dose di Pfizer, riscontrati in una piccola percentuale degli oltre 3 milioni di adulti over 60: stanchezza generale, riscontrata in 87 persone per milione e meno di 272 e 251 casi per milione registrati dopo la seconda e la prima dose; dolore nella zona di iniezione in 43 persone per milione, contro 223 e 514 casi registrati con seconda e prima somministrazione. Poi ci sono disturbi meno comuni come mal di testa, febbre, brividi e dolori muscolari. Sono arrivati ​​anche test dagli Stati Uniti su oltre 2,2 milioni di persone oltre i 65 anni e fragili a cui è stata data priorità per i richiami. Solo 22.000 hanno risposto descrivendo i sintomi accusati: il 28% ha riportato lamentele moderate o lievi che sono durate fino al giorno successivo alla vaccinazione. Il sintomo più frequente è stato il dolore al braccio, avvertito nel 71% dei casi (circa 4.300 persone). Il 56% di affaticamento, il 43% di cefalea, il 7% ha avuto forti dolori. C'è un rischio post vaccino molto raro sulla miocardite. In ogni caso, come ribadisce Alberto Mantovani, una delle eccellenze della scienza italiana nel mondo, «è una patologia benigna, che si risolve con antinfiammatori. Al contrario, il Covid provoca effetti cardiovascolari molto gravi».

Pfizer ha parlato della possibilità che tra tre mesi ci sarà un vaccino specifico per Omicron, ma ha anche fornito studi preliminari che dimostrano che tre dosi del vaccino mRna possono neutralizzare immediatamente la nuova mutazione. Alla luce dei dati forniti e di un contagio in corso, farsi "scoprire" in attesa di un futuro vaccino non è la soluzione più sicura.

Gli anticorpi che realmente servono contro il Covid sono i cosiddetti "neutralizzanti", una percentuale variabile del numero totale di anticorpi presenti nel nostro organismo e che sono in grado di contrastare determinati siti della proteina Spike del Covid-19. Per rilevare questo tipo di anticorpi con un test di laboratorio sono necessarie procedure molto complesse e non riproducibili su larga scala. I test di massa attualmente disponibili rilevano il numero totale di anticorpi presenti nell'organismo e quindi anche quelli non propriamente utili, i "non neutralizzanti": un soggetto può avere anche valori molto alti, ma se non fanno riferimento ad anticorpi specifici contro il virus, diranno poco sulla sua capacità di difendersi da infezioni e malattie. Gli attuali test di laboratorio non raggiungono il grado di complessità richiesto dall'indagine sugli anticorpi neutralizzanti. L'unico test di verifica utile è quello delle evidenze scientifiche attualmente raccolte sul calo di efficacia dei vaccini dopo sei mesi. La situazione è diversa per i deboli e gli immunodepressi. Poiché è fondamentale per loro in generale agire su precisa indicazione del medico, il richiamo deve essere anche il risultato di un'attenta valutazione in base alle condizioni cliniche.

L'Istituto Superiore di Sanità ha dato precise direttive sul punto: sia i guariti e vaccinati, sia i vaccinati che hanno contratto il virus dopo l'immunizzazione possono sottoporsi tranquillamente alla dose di richiamo ma con un intervallo di almeno 5 mesi (150 giorni) dalla “somministrazione dell'unica/ultima dose” del vaccino o dalla “diagnosi di infezione”.

I dati scientifici dimostrano la sicurezza della vaccinazione eterologa, cioè con vaccini diversi. Le ultime raccomandazioni dell'EMA (Agenzia Europea dei Medicinali), in accordo con le disposizioni dell'ECDC (Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie), parlano da sole: "L'approccio 'mix-and-match' con un vaccino mRna può essere utilizzato sia per le prime dosi che per i richiami, quindi procedere con il mix di vaccini è sicuro». La Fondazione Veronesi, riferendosi a un recente studio britannico, ribadisce che «tutte le combinazioni sono risultate sicure e hanno indotto una risposta anticorpale fino a 32 volte per chi ha ricevuto una dose di richiamo di Moderna dopo due dosi di AstraZeneca;11,5 volte dopo due dosi di Pfizer, e così per gli altri sette diversi vaccini testati come terze dosi.L'unico a basso impatto sul titolo anticorpale è stato di mezzo dose di Valneva (un nuovo vaccino a virus inattivato attualmente in fase di revisione da parte dell'Ema, l'agenzia europea del farmaco).Non ci sono state differenze importanti in base all'età dei partecipanti».

Gli unici due vaccini autorizzati per i richiami sono vaccini mRna, e quindi Pfizer e Moderna. Nella circolare che ufficializza la prosecuzione della campagna vaccinale con la somministrazione di terze dosi si specifica chiaramente: “Indipendentemente dal vaccino utilizzato per il ciclo primario (Comirnaty, Spikevax, Vaxzevria, Janssen), viste le indicazioni fornite dai tecnici -commissione scientifica dell'Aifa, sarà possibile utilizzare come booster di dose uno qualsiasi dei due vaccini m-RNA autorizzati in Italia (Comirnaty by BioNTech/Pfizer e Spikevax by Moderna)». in termini di sicurezza ed efficacia. Infatti, come riportato dal professor Fabrizio Pregliasco sugli ultimi studi al riguardo, «la terza dose con il vaccino Moderna sarebbe ancora più efficace. Sempre per l'idea di una vaccinazione eterologa più potente di quella quella fatta con lo stesso vaccino».

No. Esiste un lungo elenco di vaccini, approvati e somministrati a milioni di persone da anni, che hanno più di due dosi. Tra questi: anti-polio, anti-difterite, anti-tetano, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-meningococco B, anti-rotavirus, anti-pneumococco.

Per coloro che hanno ricevuto la terza dose, la Certificazione Verde Covid-19 viene rilasciata il giorno successivo alla vaccinazione ed è valida per 9 mesi dalla data di somministrazione della dose aggiuntiva al ciclo completato. Il vecchio Green pass si aggiornerà poi in automatico senza bisogno di ulteriori passaggi e riporterà il numero di dosi ricevute fino a quel momento.

Storie di una generazione che sogna ma non dorme. Iscriviti alla newsletter di Open per ricevere una selezione settimanale delle nostre storie. Ogni sabato mattina.

GOL Impresa Sociale Srl Fondata da Enrico Mentana