Covid: a Bergamo 48 ricoverati, 5 in terapia intensiva. Balzo dei casi: +27% - BergamoNews

2022-07-23 12:54:21 By : Ms. Cathy Yin

In salita tutti gli indicatori, anche quello dei decessi: 10, contro i 2 della scorsa settimana

Siamo nel mezzo della quinta ondata. I casi continuano a salire, spinti dalla contagiosità di una variante (la Omicron 5) che corre veloce. E che presto potrebbe creare qualche problema alla rete ospedaliera nazionale: nonostante provochi molte meno polmoniti delle ondate precedenti, rischia di mandare di nuovo in tilt gli ospedali già questa estate, visto che nel giro di qualche giorno si supererà quota 10mila ricoverati positivi al Covid.

Nella settimana epidemiologica 5-11 luglio, i nuovi casi a livello nazionale sono stati 663.710 (+22,9% dai 540.257 del periodo precedente); media giornaliera 94.815 (da 77.180).

Ancora in rialzo il rapporto positivi/tamponi totali: dal 24,97 % al 26,26%.

Si registra un ulteriore incremento per quanto riguarda il numero dei ricoverati in Terapia Intensiva: da 303 a 360 (+18,1%); sale del 23,6% quello dei pazienti in Area Covid, che passa da 7.648 a 9.454.

In ulteriore crescita anche il numero dei nuovi ingressi in T.I., che passa da 264 del periodo precedente agli attuali 322 (+22%).

In settimana si registra un rialzo notevole nel numero dei decessi: sono stati 629 (erano stati 439 la settimana precedente).

I tamponi totali sono stati 2.476.468, poco sopra ai 2.404.733 del periodo precedente), l’84,8% dei quali di tipo antigenico rapido.

Crescono gli indici di occupazione, sia nei Reparti Covid, dall’11,9% al 14,7%, sia nei Reparti di Terapia Intensiva: dal 3,10% al 3,60%. Aumentano ancora anche i pazienti in isolamento domiciliare: sono ora 1.294.204 (erano 1.011.228).

In rialzo l’Rt, ora a 1,40 (vs.1,30); crescono anche la curva dei contagi: da 0,42 a 0,54 e l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 890 a 1.100.

Anche in Lombardia si registra un aumento nel numero dei positivi, seppure in misura minore in confronto al dato nazionale: sono stati infatti 84.428 i nuovi casi che, rispetto ai 74.582 della settimana precedente, danno una crescita del 13,2%.

Si registra ancora un deciso incremento per quanto riguarda il numero dei ricoverati in Area Covid: da 1.027 a 1.306 (+27,2%); in leggera crescita, invece, il numero dei pazienti in Terapia Intensiva, che passa da 25 a 29.

In rialzo il numero dei nuovi ingressi in T.I. che passano da 22 a 26.

I numeri determinano quindi un aumento nell’indice relativo all’occupazione dei Reparti Covid che passa dal 9,8% al 12,5%, e di quello dei Reparti di Terapia Intensiva: dall’1,4% all’1,6%. Cresce il numero dei decessi settimanali: da 81 a 109.

Per quanto riguarda gli attualmente positivi, si registra un incremento del 23%: sono ora 152.374 (erano 123.942 la settimana scorsa); lo stesso aumento che riguarda le persone attualmente in isolamento domiciliare, che sono ora 151.039 (erano 122.890).

Cresce l’incidenza dei casi ogni 100mila abitanti, che passa da 746 a 842; così come l’indice medio settimanale di positività, che passa dal 23,10% al 24,58%.

I nuovi casi in provincia di Bergamo sono stati 6.735 (5.277 la settimana scorsa); con un aumento del 27,6%.

Si registra un ulteriore incremento nel numero di pazienti ricoverati nel Reparto Covid nell’ospedale cittadino: sono ora 43, sei in più della settimana scorsa. Salgono anche i ricoveri in Terapia Intensiva: da 2 a 5.

Nel periodo osservato si sono registrati 10 decessi (2 nel precedente).

Sale l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 476 a 608.

La fase espansiva dell’epidemia si sta prolungando più a lungo di quanto avvenuto in Portogallo (4 settimane), un Paese che abbiamo tenuto come riferimento sia per le similitudini relative alla popolazione generale, sia per la quasi totale sovrapponibilità dei dati relativi alla copertura vaccinale. L’andamento del contagio in Italia è ora compatibile con un’inversione della curva (o quantomeno con l’ingresso in una fase di plateau), che potrebbe avverarsi all’incirca fra una settimana.

Interessanti in particolare i dati della Lombardia, Regione che solitamente anticipa l’andamento nazionale, e che chiude la settimana epidemiologica con un incremento del 13,2%: in sensibile riduzione dal 37,8% del periodo precedente e quasi dimezzato rispetto alla media del Paese.

Purtroppo trovano puntuale conferma anche le stime sui ricoverati in area medica, più che raddoppiati in poco meno di 4 settimane (dal minimo di 4.076 posti letto occupati dell’11 giugno). Una tendenza destinata a proseguire per almeno una settimana dopo il raggiungimento del picco epidemico.

A epidemia in corso, il dibattito sui ricoverati “con Covid” o “per Covid” è puramente accademico, per non dire inutile: in ospedale sono tutti pazienti infetti da mettere in isolamento, e ciò limita comunque l’operatività per la cura delle altre patologie.

In tutto questo c’è un dato molto interessante: degli oltre 9mila italiani già oggi in ospedale e positivi, più o meno il 50% lo hanno scoperto dopo un tampone fatto in pronto soccorso o prima di un ricovero per un’altra patologia. Cosa significa questo? Significa che in questi casi si può parlare di pazienti che, sebbene ricoverati, possono essere definiti senza sintomi o con sintomi leggeri, finiti in ospedale per altri motivi. Come suddetto, questi, dopo l’accertamento della positività, sono stati isolati dagli altri pazienti, riempiendo comunque i reparti covid.

Quella in corso è la prima ondata da inizio pandemia che affrontiamo quasi senza misure di contrasto, affidandoci alla protezione indotta dal vaccino o dall’avvenuto contagio. Visti i numeri che sta esprimendo il Sars-CoV-2 in questa fase, e il calo naturale della protezione anticorpale una volta trascorsi 6 mesi dalla somministrazione della terza dose o dall’avvenuta guarigione, sarebbe utile una seria riflessione sulla somministrazione della quarta dose (secondo booster) a una platea più ampia rispetto a quella già prevista. Anche i “vecchi” vaccini hanno dimostrato di agire in modo efficace contro il rischio di malattia grave e di decesso, e attendere l’arrivo di un vaccino aggiornato potrebbe esporre molti soggetti al rischio di arrivare al prossimo autunno con una protezione immunitaria eccessivamente indebolita.

Se da un lato l’attuale sub-variante Omicron 5 esprime valori di contagiosità che la rendono inarrestabile, cercare quantomeno di rallentarla e mitigarne gli effetti appare ancora una strategia utile per ottenere un minore impatto clinico sulla popolazione generale. E, di conseguenza, anche un minore impatto economico: a meno di non voler credere che gli oltre 13 milioni di italiani positivi da inizio anno (molti dei quali in età lavorativa) siano rimasti in isolamento per 1-2 settimane senza impatto alcuno sulle attività svolte e sul Pil. Senza contare i costi sostenuti per le terapie e l’eventuale ospedalizzazione.

Appare indispensabile una rapida pianificazione della prossima campagna vaccinale che, almeno per i soggetti over 60, non potrà prescindere da una copertura non solo contro la Covid-19, ma anche contro l’influenza stagionale. Le indicazioni che arrivano dall’emisfero australe (in particolare Australia e Argentina) sulla cui base vengono poi sviluppati i vaccini che utilizzeremo il prossimo autunno, parlano di una crescita molto accelerata della curva epidemica, di una tempistica anticipata e di manifestazioni cliniche più “impegnative” rispetto a quelle degli ultimi anni: i virus influenzali finora individuati sono tutti di tipo A, con una predominanza della tipologia A3N2. Le epidemie si dovrebbero combattere così, giocando d’anticipo; la rincorsa continua è una pessima consigliera, oltre che il modo migliore per rimanere costantemente in ritardo.

I nuovi vaccini aggiornati contro Omicron saranno approvati dall’Ema a settembre. Secondo quanto spiegato dal responsabile dell’ente per le minacce alla salute biologica e la strategia dei vaccini, Marco Cavaleri, l’Agenzia sta valutando i dati sottoposti dalle Moderna e Pfizer/BioNtech. Intanto la stessa EMA consiglia il secondo booster (la quarta dose) a tutti i cittadini over 60 o fragili.

Intanto si torna a parlare di test salivari. Grazie a un’intuizione è in arrivo una serie potenziale di applicazioni diagnostiche per la Sla, il Parkinson, il Covid e la Broncopneumopatia cronica ostruttiva.

L’applicazione per la diagnostica del Covid sta dando buoni risultati, anche sul fronte delle varianti; così affermano i ricercatori, che sottolineano: “Abbiamo fatto un lavoro che non è ancora pubblicato, in cui siamo riusciti a identificare le tre diverse varianti, quella della prima ondata, poi Delta e Omicron, e ora stiamo raccogliendo ulteriori dati per avere la conferma, ma le premesse ci sono”.

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