Covid a Bergamo, positivi su del 22%: cosa dicono i dati sulla pandemia e cosa dobbiamo aspettarci in autunno - BergamoNews

2022-09-18 04:32:59 By : Ms. Nina Wu

Si registra un leggero calo nel numero di pazienti ricoverati nel reparto Covid del Papa Giovanni: da 29 a 26. Un solo ricoverato in terapia intensiva, 12 i decessi

Si registra una prima inversione al rialzo della curva epidemica in Italia, per quanto ancora limitata nei numeri. Ma solo con i dati della prossima settimana capiremo meglio se sarà una fase transitoria o l’inizio della nuova ondata autunnale.

Quel che è certo è che dal 23 al 29 agosto i nuovi casi a livello nazionale sono stati 153.992 (+1,7% dai 151.478 del periodo precedente); media giornaliera 21.999 (da 21.640). Scende il rapporto positivi/tamponi medio: dal 15,63 % al 14,8%.

Si registra una ulteriore diminuzione per quanto riguarda il numero dei ricoverati in Terapia Intensiva, che scendono dai 255 della scorsa agli attuali 229. Scende anche il numero dei pazienti in Area Covid, che passa da 6.516 a 5.631.

In diminuzione anche il numero dei nuovi ingressi in T.I., che passa da 153 del periodo precedente agli attuali 130. E in calo i decessi: 610 (695 nella settimana precedente).

I tamponi totali sono stati 1.023.563, in leggero rialzo rispetto ai 964.858 di una settimana fa; l’81,3% dei quali di tipo antigenico rapido.

Scendono gli indici di occupazione, sia nei Reparti Covid, dal 10,2% all’8,8%, sia nei Reparti di Terapia Intensiva: dal 2,6% al 2,3%.

Sempre in calo, infine, il numero dei pazienti in isolamento domiciliare: nel periodo sono stati 662.904 (erano 760.306).

In rialzo invece l’Rt: da 0,82 a 0,92. E la curva dei contagi, seppur leggermente: da 0,10 a 0,11 e l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 254 a 260.

Notevole, in confronto al dato nazionale, l’aumento del numero dei positivi in Lombardia: questa settimana sono stati infatti 20.737 i nuovi casi che, rispetto ai 17.304 della settimana precedente, danno un incremento del 19,8%.

Ancora in calo, invece, il numero dei ricoverati in Area Covid, che passano da 790 a 667; stabile quello dei pazienti in Terapia Intensiva, che passano da 20 a 21. In calo anche il numero dei nuovi ingressi in T.I.: da 12 a 7.

I suddetti numeri determinano quindi una diminuzione nell’indice relativo all’occupazione dei Reparti Covid che passa dall’7,6% al 6,4%; quello dei Reparti di Terapia Intensiva sale un poco: dall’1,1% all’1,2%. Diminuisce il numero dei decessi settimanali: da 125 a 119.

Per quanto riguarda gli attualmente positivi, si registra ancora una diminuzione: sono ora 43.346 (erano 45.295 la settimana scorsa); lo stesso anche per quanto riguarda le persone attualmente in isolamento domiciliare, che sono ora 42.658 (erano 44.485).

Cresce l’incidenza dei casi ogni 100mila abitanti, che passa da 188 a 210; cresce anche l’indice medio settimanale di positività: dal 13,15% al 14,71%.

Aumenta anche nella provincia di Bergamo il numero dei positivi, nel periodo osservato i nuovi casi sono stati 2.130 (1.749 la settimana scorsa), con un incremento quindi del 21,8%.

Si registra un leggero calo nel numero di pazienti ricoverati nel Reparto Covid nell’ospedale cittadino: da 29 a 26. Un solo ricoverato in Terapia Intensiva, 12 i decessi (10 nello scorso periodo). Sale l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 158 a 192.

Tornano a salire i contagi: l’interpretazione dei dati di questa settimana è complicata dal confronto diretto con un periodo epidemiologico caratterizzato dalla festività di Ferragosto, che ha comportato il tradizionale calo dei test eseguiti e dei casi individuati. Una parte dell’incremento è quindi attribuibile alla maggiore attività diagnostica svolta grazie a un giorno lavorativo in più. Inoltre il dato nazionale è pesantemente influenzato da quello (+19,8%) della Lombardia, che essendo la Regione più popolosa condiziona da sempre i numeri complessivi.

Per avere indicazioni più complete sul reale andamento dell’epidemia dovremo attendere i dati della prossima settimana, che ci offrirà un confronto omogeneo con il periodo appena concluso. Sempre alla fine della prossima settimana avremo una risposta chiara sulla possibile sovrapposizione dei dati italiani con quelli del Portogallo: Paese che, colpito con poco più di un mese di anticipo da Omicron 5, ha vissuto una rapidissima fase di rimbalzo epidemico tra il 4 e il 12 luglio per poi proseguire nella fase di discesa dei nuovi casi. Se il nostro Paese replicasse lo stesso andamento, come ha fatto finora, già dalla fine della prossima settimana dovremmo avere un nuovo calo dei positivi individuati, destinato a protrarsi fino alla fine del mese di settembre.

In caso contrario potremmo avere una ripresa più solida, un anticipo di quella che sfocerà in una nuova ondata autunnale, quando con la riapertura delle attività produttive e delle scuole e con il ritorno a un uso massiccio dei trasporti pubblici, si favorirà il diffondersi del virus. L’inizio dell’autunno, inoltre, con una maggiore frequentazione dei luoghi chiusi, è un altro elemento che favorirà la circolazione virale.

Dobbiamo inoltre considerare che una parte importante della popolazione, che ha contratto la malattia o ricevuto la terza dose di vaccino più di sei mesi fa, sta entrando in una fase di declino della protezione immunitaria, tornando quindi a essere maggiormente suscettibile all’infezione.

Per contro, non possiamo ignorare che il prossimo periodo autunno-inverno sarà anche il primo, da inizio pandemia, in cui l’intera popolazione potrà di fatto godere di una qualche forma di immunità contro il Sars-CoV-2: difficile immaginare che ci siano ancora italiani (perlomeno in numero significativo) che non fanno parte dei due gruppi dei vaccinati o dei guariti dall’infezione. Cosa che potrebbe portare a ondate meno intense che in passato.

Tutti questi aspetti rendono più complessa l’interpretazione dello sviluppo epidemico, perché introducono importanti variabili rispetto ai modelli che abbiamo adottato nei primi due anni di pandemia. I decisori dovranno avere una capacità di reazione immediata, vista la trasformazione del Sars-CoV-2 che, nelle ultime varianti e sub-varianti, è diventato il virus più contagioso finora conosciuto.

L’arma più efficace a nostra disposizione restano i vaccini, che grazie ai richiami somministrati periodicamente ripristinano altissimi livelli di protezione non tanto contro l’infezione, quanto contro il rischio di ospedalizzazione e di decesso. La sfida è quella di arrivare a una vaccinazione annuale, la cui somministrazione potrebbe idealmente coincidere con quella contro l’influenza stagionale: un’opzione che già oggi è ampiamente consigliabile ai soggetti fragili e, più in generale, agli over 60.

In vista della prossima stagione autunnale torniamo a raccomandare l’utilizzo delle mascherine Ffp2: la cui efficacia se ben indossate può essere messa in discussione solo da chi non ne conosce le modalità di funzionamento (sono, di fatto, un filtro). In proposito ricordiamo uno studio condotto dal Max Planck Institut di Gottingen che fissa allo 0,1% il rischio di contrarre l’infezione indossando in modo corretto una mascherina Ffp2.

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